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EU Prize for Cultural Heritage / Europa Nostra Award 2017

Il Progetto ‘Museo Piranesi’

di Pierluigi Panza

vince l’EU Prize for

Cultural Heritage

/ Europa Nostra Award 2017   




Sistemi delle arti PDF Stampa E-mail
SISTEMA DELLE ARTI NEL CINQUECENTO

  

 Quando, nel 1936, Walter Benjamin scrisse L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica , cercò di liquidare l’ideale veritativo dell’arte romantica istituito da Schelling ed Hegel. La svalutazione del dato disvelativo dell’arte, come principio d’individuazione di un “mana” di cui l’arte, dopo la religione, sarebbe stata depositaria, liberava il fenomeno estetico all’avvento di un’arte borghese, riproducibile e libera da legami spiritualistici. Nell’universo delle comunicazioni alcune finalità storiche proprie delle arti - quali quelle dell’intrattenimento nobile (tipica di musica e lirica), della rimemorazione (tipica della pittura di genere storico, religioso, mitologico e della ritrattistica), dell’assunzione di gloria (caratteristica dell’artista che opera per consegnare il proprio nome ai posteri), della trasmissione elegante di contenuti (caratteristica del poema epico e cortese), della capacità di stupire (tipica delle macchine architettoniche barocche e delle scenografie), delle capacità ingegneristico-costruttive (caratterizzanti l’architettura) e quelle, dal romanticismo, spirituali (che affidano alle settecentesche Belle arti il compito di disvelare la verità) - sono state assunte da altre forme storiche. Molte delle finalità intenzionali proprie delle cosiddette Belle arti e del complesso numero di discipline che nelle diverse epoche storiche sono state classificate come arti, sono ora assolte da altri generi di esperienza: cinema, televisione, gare sportive, guinness dei primati, esperienze riassumibili nel mondo della moda e del disegno industriale, esperienze del mondo virtuale …Gli autori televisivi, i fotografi, i calciatori soddisfano, nell’età delle comunicazioni, alcuni di questi desideri estetici storicamente affidati agli artisti. Di contro poeti, pittori, scultori, cantanti lirici ecc., con le loro espressioni caratterizzanti, svolgono ora una funzione nuova, che non risponde più alle finalità che assolvevano un tempo, ma a un nuovo obiettivo: quello di persistenza archeologica e colta dei generi. In sostanza, entrano a far parte del thesaurus, non semplicemente nella forma di catalogo consegnato all’archivio, ma in una forma viva anche nella creazione, ovvero in un persistente mantenimento in vita del genere superato. Sia le arti performative, dove ciò è più evidente, sia nelle altre (che assumono carattere di performatività), viene conservata una validità testimoniale di un genere con una destinazione fruitiva completamente nuova e una diversa rispondenza ai fini individuali che deve suscitare. Nella chiave sopra individuata, si riscopre anche il vincolo come valore proprio del fare artistico. E’, questa, una tesi sottesa ad Arte e anarchia di Wind . Il rapporto tra l’arte e la società, sembra dire Edgard Wind, è quello che Martin Lutero definiva di “liberissima servitù”. L’arte è componente anarchica, un’avventura, un rischio, che agisce all’interno della società e risponde alle logiche della committenza. Questa dimensione, riscoperta invece nella società dell’informazione, svela la persistenza di dimensioni come quelle della tekne, della utilitas, dell’intrattenimento iscritte ai sistemi delle arti sin dal Cinquecento. Il lungo elenco delle arti compilato da Benedetto Varchi nel 1546 fornisce un esempio emblematico per comprendere la continuità che ci può essere tra una partita di calcio, un vestito di moda e le arti così come comprese e definite nel XVI secolo. “Delle arti alcune si chiamano liberali, cioè degne di uomini liberi e non servi, e queste si dicono comunemente essere sette, delle quali tre sono intorno al favellare: la grammatica, la retorica, la dialettica e quattro intorno alla quantità: la geometria, l’aritmetica, la musica e l’astronomia… Delle arti alcune consistono solamente nel contemplare, come la fisica, l’astrologia e tutte le altre che sono scienze veramente; alcune nel fare, e queste sono di due maniere, perciocché in alcune dopo l’operazione rimane alcuna opera, come nell’architettura… come ancora nella scultura, pittura ed infinite altre; alcune operano in guisa che dopo l’operazioni non rimane opera alcuna, come nell’arte del cavalcare, saltare, cantare, sonare et altre tali… Delle arti alcune pigliano il subbietto della natura, come la scultura; alcune da l’arte (ossia dalle procedure stesse del fare), come tessitori, calzolai e somiglianti; alcune dall’uno e dall’altro, come l’architettura e la pittura… Delle arti alcune vincono la natura, come s’è detto di sopra dell’architettura, ché fanno quello che ella non può fare; alcune sono vinte da lei…, alcune sono ministre (serve) della natura come la medicina e l’alchimia; alcune fanno il principio solamente, e la natura fa il restante come l’agricoltura…” Pochi anni dopo, nel 1596, lo Speroni ordina un sistema delle arti fondato sul rapporto con i cinque sensi, un autentico rapporto estetico “…Voi dovete sapere che del numero delle arti, altre sono piacevoli et altre utili. Quelle sono le utili, le quali comunemente nominiamo meccaniche; delle piacevoli parte ha la virtù di dilettare l’animo, parte il corpo delle persone o, parlando più chiaramente, parte il senso parte la mente suol dilettare. La dipintura e la musica gli occhi e gli orecchi, gli unguentari (i profumi) il naso, il cuoco il gusto, e la stufa con la temperanza del caldo suo tutto ‘l ciorpo con magistero piacevole sono usati di confortare; ma le arti che l’intelletto dilettano quanto al proposito si conviene sono due, cioè retorica e poesia”. Le arti, dunque, sono esperienze finalizzate al benessere intellettuale o fisico, a suscitare piacere attraverso la percezione sensoriale e l’esercizio che i sensi esercitano sul corpo. La creazione di un oggetto confortevole, di un adeguato impianto di climatizzazione è un’esperienza contemporanea d’arte così come quel diletto becero e distensivo che può creare l’immedesimarsi in una soap-opera o quello arrecato al gusto da un buon pranzo. Anche l’esemplificazione di Francesco de’ Vieri va in questa direzione: “Pure arti sono tutte quelle le quali, oltre all’essere fattrici di qualche opera che resti con retta ragione, ancora questa tal opera artifiziosa è utile o dilettevole al corpo et al senso: come sono l’agricoltura… l’arte della lana e della seta… gli architettori l’abitazioni et i medici che ci conservano sani… Il secondo modo di dividere l’arti fia questo, che alcune di questi consistano più presto nell’imitare l’opera di natura, et alcune altre nel dar loro aiuto”. In questi sistemi si percepisce l’eredità dello schema di San Vittore per le sette arti meccaniche, che comprendevano lanificum, armatura, navigatio, agricoltura, vantio, medicina e theatrica. E’ sempre l’idea di arte come fare e come opera che arreca benessere fisico o sentimentale all’individuo quella che caratterizza l’esperienza dell’artisticità, almeno sino al Settecento. Solo allora inizia lo spostamento verso una concezione intellettuale dell’artisticità: il sistema delle Beaux arts rileva uno spostamento verso il dato del piacere estetico di ordine intellettuale e sentimentale come prevalente al benessere fisico. L’idea di arte come conoscenza attraverso l’espressione andrà invece affermandosi solo dopo Schelling. Ha dunque ragione Pareyson (1966) quando afferma che nella nostra cultura l’arte è stata intesa secondo tre modalità fondamentali: arte come ‘fare’, arte come ‘conoscere’, arte come ‘esprimere’; soltanto che le ultime due sono andate affermandosi solo in un circoscritto, anche se fondamentale, periodo dell’età moderna. Le belle arti di Batteaux sono, fatta eccezione per uno slittamento tra la danza e l’architettura, anche quelle di Hegel e Croce e di Heidegger e Gadamer. Le cinque arti restano le stesse, anche se a imitazione e conoscenza si sostituiscono i fondamenti di espressione e creazione. E se con Hegel le arti sono l’espressione attraverso cui il Geist si effettualizza nella storia del mondo, e per questo procedono verso una progressiva prevaricazione del contenuto spirituale su quello formale (muovendosi dall’arte simbolica a quella classica a quella romantica), con Schopenhauer le arti diventano espressioni di volontà, più o meno pure quanto più la loro modalità espressiva risulta libera da vincoli materiali. Da qui molta CRITICA moderna si è mossa assumendosi il compito di disvelare al pubblico interessato il “vero” significato dell’opera. Decostruire il paradigma di Batteaux e dell’idealismo è quanto l’età della comunicazione tende ad attuare con il suo costante tentativo di deflagrazione dei sistemi. La patente di nobiltà che il Cinque e il Seicento conferiscono a manifestazioni contemporanee giudicabili come espressioni o eventi artistici, implica la dissoluzione dei sistemi di Batteaux e di Hegel, la riduzione a rimemorazione fattuale di alcune espressioni artistiche che lo caratterizzavano, e la messa in dubbio dell’arte come sede di un disvelamento veritativo. Al suo posto, è la rizomaticità ermeneutica che conferisce valore all’espressione artistica come dato caratterizzante il thesaurus di una cultura. Nel mondo della comunicazione, i nuovi strumenti critici che sottopongono ad analisi le nuove esperienze di artisticità sono quelle dell’ermeneutica: capacità rizomatiche, di spostamento, di decostruzione-ricostruzione del significato, di dislocamento. Pittura, scultura, scrittura di un’opera lirica oggi altro non sono che esercizi di archeologia artistica, che non rispondono più alle finalità storiche che queste stesse arti avevano assunto come proprie. Si configurano quindi come elementi di resistenza al fenomeno di dissoluzione delle vecchie forme d’arte (sostituite dalle nuove con analoghe finalità). Alcune di queste forme hanno ormai addirittura assunto finalità a-artistiche (e non per questo meno rilevanti): la poesia come sfogo, diario dell’anima, lamentazione, effetto consolatorio e placebo alternativo ai farmaci, come parzialmente Alberti aveva evidenziato nel De commodis literarum atque incommodis. La pubblicità, infine, è la forma contemporanea della retorica antica: lo slogan, il motto, l’arguzia sono le forme di nuovi tropi poetici. La costruzione del consenso intorno ai personaggi politici avviene anche su base estetica e usando gli schemi della retorica contemporanea: quella pubblicitaria.

 
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