«Il rosa
Tiepolo è un libro su un certo stato della civiltà che ha preso forma nell' opera di un pittore. La storia dell' arte è il presupposto del racconto, ma il testo sfocia altrove». E quell' altrove è «l' oceano delle immagini», da cui emergono anche i lineamenti di una storia della cultura. Così Roberto Calasso introduce il suo ultimo libro («Il rosa
Tiepolo», Adelphi, pp. 320, 32, da oggi in libreria), ultimo tassello di un mosaico sul rapporto civiltà-teogonia iniziato con «La rovina di Kasch» e continuato con «Le nozze di Cadmo e Armonia», «Ka» e «K.».
La storia, per Calasso, non è lineare ma una complessa rete di somiglianze: troviamo il Settecento nella Grecia e gli dèi di Grecia e India nel Settecento veneziano di Giambattista
Tiepolo (1696-1770). Questa visione stereoscopica del tempo, come di reti che si sovrappongono, attraversa tutta l' opera di Calasso e lo porta oggi a pubblicare il libro che sviluppa un' idea latente in lui da parecchi anni:
Tiepolo, il grande interprete del gaio Settecento veneto, lungi dall' essere un pittore facile e un semplice seguace del Veronese, rivela invece un aspetto misterico, specie nei dieci «Capricci» e nei ventitrè «Scherzi» composti negli anni Quaranta e Cinquanta.
Per approdare alla spiegazione di questo
Tiepolo segreto, Calasso si muove lungo il crinale affascinante e delicato che lo distanzia dalla filologia longhiana per abbracciare il metodo iconologico di Aby Warburg, nota a lui sin dalla tesi di laurea, discussa con Mario Praz. «Roberto Longhi, forse il più grande storico dell' arte del Novecento, è sbalorditivo nel percepire la peculiarità delle singole opere ed è stato un maestro della prosa italiana. Ma su
Tiepolo non diede il meglio di sé. Comunque, una contrapposizione fra Longhi e Warburg sarebbe vacua. Sono indispensabili l' uno e l' altro».
Per capire l' enigma
Tiepolo, bisogna partire dalle acqueforti dei «Capricci» e degli «Scherzi», popolati da maghi orientali, streghe, civette, serpenti, pertiche, pulcinella, in un clima da sabba alla luce del sole, e non dai cieli popolati da dèi ed eroi affrescati sulle volte dei palazzi di Milano, Würzburg e Madrid. «In queste acqueforti c' è una zona nascosta, enigmatica, che sfida tutta la pittura del Settecento e si riferisce, se mai, al grande Seicento esoterico». E che nel libro porta Calasso a scrivere di «carattere gnostico degli Scherzi».
Questi rapporti rimandano a fonti ben conosciute da Calasso. Innanzitutto quelle della tradizione ermetica portate a Venezia dai sapienti bizantini dopo il 1453, anno della caduta di Costantinopoli, come il «Pimander» e l' «Asclepius», le sillogi sapienziali attribuite al mitico Ermete Trismegisto, che per altro è raffigurato in una tarsia marmorea del pavimento del Duomo di Siena. Quindi i testi cinquecenteschi sui geroglifici, i repertori di iconologia, le opere imponenti e misteriose del gesuita seicentesco Athanasius Kircher, nonché i testi sulla stregoneria discussi nella Serenissima nel XVIII secolo, come «Del Congresso Notturno delle Lammie» di Girolamo Tartarotti o «Arte Magica Dileguata» del marchese Scipione Maffei.
«Da questo sfondo affiorano le figure di queste 33 acqueforti, come gli Orientali, gli efebi, la Morte e i serpenti, che si incontrano anche in molti suoi dipinti». Più marginale è la simbologia cristiana. «I più intensi quadri religiosi di
Tiepolo sono i piccoli dipinti di Madrid dedicati alla fuga in Egitto. Lì
Tiepolo si allontana da una certa pittura religiosa estenuata e affettata, tipica del periodo, e ritrova la sua capacità epifanica».
Nei «Capricci» e negli «Scherzi» si recita un altro dramma, che obbliga a risalire a culti pagani. Centrale, in questa lettura, è la ricorrenza della figura del serpente, che «rimanda ai misteri di Eleusi e alle cosmogonie orfiche. Si può ricordare che anche nel pantheon vedico Vishnu riposa su un serpente. E nell' Antico Testamento il serpente, pur essendo una figura maligna, diventa immagine salvatrice nell' episodio del serpente di bronzo».
Gli aspetti più contemporanei dell' enigma
Tiepolo - agli antipodi del pittore facile pronto a dipingere qualsiasi cosa con la sua bottega (i figli Giandomenico e Lorenzo in primis) per le committenze - risiedono anche nella più nota teatralizzazione della sua pittura e nel suo essere artista artigiano.
«È vero, c' è la tentazione di vedere
Tiepolo come ultimo pittore dell' Ancien régime. Eppure, se uno pensa all' idea che Baudelaire aveva del pittore della vita moderna, può sembrare un paradosso ma quelle qualità sembrano proprio riflettersi in
Tiepolo. Che è il sigillo di cinque secoli di grande pittura italiana, ma anche l' apertura a una modernità sconcertante e ancora da scoprire, in questo senso più sorprendente di Goya».
Il suo atteggiamento da artista-artigiano, la sua mirabile frivolezza, il suo erotismo, poi, hanno fortemente ostacolato la sua affermazione nell' Ottocento. «Pure un grande amante di Venezia come John Ruskin, forse per moralismo, rifiutò
Tiepolo. Il quale non corrispondeva certo all' immagine del genio creatore chiuso nel suo atelier e fiero della sua indipendenza da tutto.
Tiepolo non è soltanto pittore, ma una sorta di sfida antropologica. Ci obbliga a immaginare un mondo composto da membri della sua cerchia, spesso raffinati ed eleganti, talvolta arcigni e ferini. Con loro attraversa la pittura per aprire la strada verso luoghi difficili da raccontare». Quali sono questi luoghi? «Forse è il mondo quale apparirebbe a un occhio felice che fosse, per la prima volta, equamente cosmopolita. Solo
Tiepolo lo sa raccontare così bene come fa nell' affresco L' Olimpo e i Continenti nella volta del palazzo di Würzburg. Qui, ad esempio, c' è un uomo di spalle che sembra scavalcare il cornicione della volta affrescata spinto dalla curiosità di vedere cosa c' è di là: questa curiosità è la virtù peculiare dell' Occidente. Ma un aspetto non trascurabile è che in questa raffigurazione dell' intero pianeta
Tiepolo rappresenta con occhio ironico proprio l' immagine dell' Europa, rispetto alle lussureggianti Asia, America e Africa».