La Croce e La Sfinge |
Pierluigi Panza
LA CROCE E LA SFINGE Vita scellerata di Giovan Battista Piranesi
Bompiani Collana Overlook pp.224, € 18, illustrato
Questa art-story ricostruisce, con un linguaggio narrativo, la vita di uno dei più grandi artisti del XVIII secolo e quella dei suoi figli, documentando una parabola familiare, artistica e politica che si consuma in due generazioni. Giovan Battista Piranesi (1720-1778), il Mozart del disegno e dell’incisione o, se si vuole, un Damien Hirst del Settecento per la capacità che ebbe di creare stupefacenti immagini e capolavori d’arte nella sua bottega vendendoli a prezzi sempre più elevati ai viaggiatori che giungevano a Roma, ci mise una vita per passare da povero figlio di uno scalpellino a celebrato architetto, accademico e cavaliere di nomina papale. Di contro, il maggiore dei suoi figli, Francesco, che ereditò bottega e professione, prima vendette il museo del padre a Gustavo III di Svezia per diventarne antiquario e cavaliere, poi si distaccò dai papi e dalle monarchie per rivestire i panni di spia repubblicana e diventare semplice “cittadino” all’avvento della Repubblica Romana. Dopo la caduta della Repubblica, Francesco fuggì esule in Francia, dove quel che restava della bottega paterna venne venduto. Questo romanzo ad immagini, con un andamento che ricorda “Barry Lyndon” di William Thackeray, racconta quest’avventura artistica sulla base di documenti e scritti dell’epoca, inquadrandola nella straordinaria vita della Roma del tempo e delle sue controversie politiche, religiose e artistiche. Il maggiore intervento di Piranesi, infatti, la ricostruzione della chiesa di Santa Maria del Priorato all’Aventino, realizzata tra il 1766 e il 1768 per volontà della famiglia del papa veneziano Clemente XIII Rezzonico, rappresenta un tentativo con il quale la Chiesa cercò di commemorare la storia dei crociati e di ristabilire uno stretto rapporto tra le origini orientali ed ebraiche della civiltà e la chiesa romana e raffigura, attraverso un codice ermetico e simbolico, lo “scontro di civiltà”. Ciò si sposava perfettamente anche con la poetica piranesiana d’individuare le origini della civiltà artistica nell’antico Egitto in contrasto con le tesi di Winckelmann e dei francesi che la fissavano nella Grecia classica. Oltre a ricostruire, con un linguaggio narrativo ma sulla base di documenti originali e scritti d’epoca, la vicenda artistica dei Piranesi, questo libro racconta una storia di gelosie che è emblematica del rovesciamento delle aspirazioni familiari nel giro di due generazioni.
Pierluigi Panza
LA CROCE E LA SFINGE Vita scellerata di Giovan Battista Piranesi
Bompiani Collana Overlook pp.224, € 18, illustrato
Questa art-story ricostruisce, con un linguaggio narrativo, la vita di uno dei più grandi artisti del XVIII secolo e quella dei suoi figli, documentando una parabola familiare, artistica e politica che si consuma in due generazioni. Giovan Battista Piranesi (1720-1778), il Mozart del disegno e dell’incisione o, se si vuole, un Damien Hirst del Settecento per la capacità che ebbe di creare stupefacenti immagini e capolavori d’arte nella sua bottega vendendoli a prezzi sempre più elevati ai viaggiatori che giungevano a Roma, ci mise una vita per passare da povero figlio di uno scalpellino a celebrato architetto, accademico e cavaliere di nomina papale. Di contro, il maggiore dei suoi figli, Francesco, che ereditò bottega e professione, prima vendette il museo del padre a Gustavo III di Svezia per diventarne antiquario e cavaliere, poi si distaccò dai papi e dalle monarchie per rivestire i panni di spia repubblicana e diventare semplice “cittadino” all’avvento della Repubblica Romana. Dopo la caduta della Repubblica, Francesco fuggì esule in Francia, dove quel che restava della bottega paterna venne venduto. Questo romanzo ad immagini, con un andamento che ricorda “Barry Lyndon” di William Thackeray, racconta quest’avventura artistica sulla base di documenti e scritti dell’epoca, inquadrandola nella straordinaria vita della Roma del tempo e delle sue controversie politiche, religiose e artistiche. Il maggiore intervento di Piranesi, infatti, la ricostruzione della chiesa di Santa Maria del Priorato all’Aventino, realizzata tra il 1766 e il 1768 per volontà della famiglia del papa veneziano Clemente XIII Rezzonico, rappresenta un tentativo con il quale la Chiesa cercò di commemorare la storia dei crociati e di ristabilire uno stretto rapporto tra le origini orientali ed ebraiche della civiltà e la chiesa romana e raffigura, attraverso un codice ermetico e simbolico, lo “scontro di civiltà”. Ciò si sposava perfettamente anche con la poetica piranesiana d’individuare le origini della civiltà artistica nell’antico Egitto in contrasto con le tesi di Winckelmann e dei francesi che la fissavano nella Grecia classica. Oltre a ricostruire, con un linguaggio narrativo ma sulla base di documenti originali e scritti d’epoca, la vicenda artistica dei Piranesi, questo libro racconta una storia di gelosie che è emblematica del rovesciamento delle aspirazioni familiari nel giro di due generazioni.
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