Corsera nazionale Mer, 07/09/2005, pag. 021
Sezione: CRONACHE, Redazione: INTERNI
Sotto accusa le sovrintendenze: «Il loro potere autonomo ha privato il nostro Paese di opere significative rimaste sulla carta»
Architetti in rivolta: invasi da progetti stranieri
Gregotti, Portoghesi e Sottsass guidano la protesta. Appello a Ciampi e Berlusconi «Ritardi, burocrazia e veti: agli italiani sono spesso mancate occasioni di lavoro»
Corsera nazionale Mer, 07/09/2005, pag. 021
Sezione: CRONACHE, Redazione: INTERNI
Sotto accusa le sovrintendenze: «Il loro potere autonomo ha privato il nostro Paese di opere significative rimaste sulla carta»
Architetti in rivolta: invasi da progetti stranieri
Gregotti, Portoghesi e Sottsass guidano la protesta. Appello a Ciampi e Berlusconi «Ritardi, burocrazia e veti: agli italiani sono spesso mancate occasioni di lavoro»
di: Panza Pierluigi
Un tempo, con Palladio, l' Italia esportava la propria architettura in tutto il mondo senza importarne alcuna. Il suo trattato, «I Quattro libri dell' Architettura» (1570), fu il primo bestseller del genere e diventò una «Bibbia» da seguire per tutti i costruttori anglosassoni; tanto che il palladianesimo è ancora diffuso a Beverly Hills. Oggi, le maggiori commesse del Belpaese stanno invece andando a «archistar» internazionali. Proprio ieri, la Giunta di Milano ha approvato il Programma per la riqualificazione della Fiera di Daniel Libeskind, Zaha Hadid e Arata Isozaki, un progetto che la Fondazione Fiera esporrà a fine settembre a Buenos Aires come «simbolo» della nuova Italia. Poi ci sono i progetti contestati: pensilina degli Uffizi di Isozaki, nuova Ara Pacis di Richard Meier e ponte di Venezia di Santiago Calatrava. Quindi il Museo di Roma della Hadid e, a Milano, Santa Giulia di Norman Foster, la Città della Moda di Cesar Pelli e il Palazzo della Regione di I.M.Pei. Di fronte a tanta «invasione straniera», al «pericolo» di un «meticciato architettonico» è l' ora di una levata di scudi in difesa del «patrio suol»? Parrebbe di sì, poiché - dopo anni in cui ci si è lamentati dell' assenza di architetti stranieri - l' attuale situazione ha indotto un gruppo di prestigiose firme di casa nostra a scendere in campo in difesa della «irrinunciabile risorsa culturale italiana, che non può essere ulteriormente vanificata e ignorata ». Tra i primi firmatari di questo appello - inviato ai presidenti della Repubblica, del Consiglio, di Camera e Senato - figurano Vittorio Gregotti, Guido Canella, Antonio Monestiroli, Franco Purini, Aimaro Isola, Ettore Sottsass, Cesare Stevan e Paolo Portoghesi. Il quale, a dire il vero, nel 1980 organizzò una Biennale Postmodern che rompeva stilisticamente proprio con quella tradizione dei Terragni, Libera e Ridolfi che ora si vuol difendere. L' «Appello per lo sviluppo in Italia della nuova architettura», parla di situazione «drammatica» e individua come una delle cause il ricorso agli stranieri che, a differenza degli italiani, hanno potuto realizzare «grandi opere di interesse sociale» nei loro Paesi, mettendosi in buona luce. Al contrario l' Italia ha accumulato ritardi privando i nostri architetti di analoghe «occasioni di lavoro». L' appello ritiene maggiormente responsabili di questo «stato dell' arte» - che non considera il fatto che gli stranieri sono stati vincitori di concorso e che agli italiani non era vietato costruire all' estero - le sovrintendenze. Per questo l' appello chiede di «mettere fine al diritto di veto» dei sovrintendenti «per limitarne il potere totalmente autonomo che ha privato l' Italia di molte opere significative rimaste sulla carta» (ma anche salvato centri storici, no?) per affidarlo a una commissione più pluralista da insediarsi al ministero presso il Darc, la Direzione architettura. In questo modo si sostituirebbe il controllo periferico sul territorio «totalmente autonomo» delle sovrintendenze (una forma di federalismo) con un centralismo pluralistico. Per l' architetto italo-svizzero Mario Botta, l' appello è condivisibile. «Rafforzare la Direzione Architettura sarebbe un passo avanti. Credo ci sia un po' di risentimento legittimo da parte degli italiani perché chi viene da fuori ha un portfolio ampio; basta che ciò non si trasformi sciovinismo». Botta condivide anche la critica alle sovrintendenze: «Il loro strapotere va limitato, perché intervenire con un veto quando si vuole è un lusso che nessun Paese può permettersi. La figura del sovrintendente è un po' arcaica, borbonica, va riformata se crediamo che il progetto sia ciò che trasforma la città». Dante O. Benini, progettista della cosiddetta nuova Torre di Pisa, è «d' accordo sui cinquant' anni di immobilismo del nostro Paese» ma non condivide l' idea che gli italiani siano discriminati: «Vince chi presenta la miglior opera. Per la chiesa del nuovo millennio, in finale c' erano cinque ebrei: che vuol dire? Dovevano essere cattolici? Io sto lavorando a Istanbul e non sono musulmano!». Sulle sovrintendenze condivide la critica: «Ricordiamoci che vietarono un progetto di Frank Lloyd Wright. Lo snellimento dell' apparato burocratico è indispensabile. Il diritto di veto a posteriori è un anacronismo: la soprintendenza faccia parte delle commissioni di approvazione». |